martedì 25 febbraio 2020

Presentiamo il nostro lavoro sulla nascita

Siamo grati di aver trovato uno spazio accogliente e nutriente per presentare il nostro lavoro sulla nascita e i nostri corsi "nascere e rinascere" 2020: il Centro Nutrizionale Viterbo (CNV) di Daniele Pietrucci. Venite ad ascoltare!

domenica 2 febbraio 2020

"L’imprinting del primo pianto. Le origini dell’autostima" in D&D Nr.108, Gennaio 2020


Evelina Proli, Ostetrica
Fritz Baehler, Polarity Terapista

Il primo pianto è la prima volta che usiamo la voce per esprimerci. Esso contiene un messaggio cosi come tutti i pianti successivi. È probabile che sia un messaggio con una carica emotiva molto importante tale da creare un forte imprinting sulla fiducia nella capacità di esprimerci e di essere compresi. Il modo in cui questa prima esperienza condiziona l’autostima e quali aspetti di essa vengono colpiti, dipende dal significato del messaggio inviato, da come viene compreso, dal suo accoglimento e dall’esperienze di comunicazione prenatali vissute. Siamo coscienti, sensibili e percettivi fin dall’inizio del nostro viaggio, cioè dal concepimento in poi.

Nascere è la prima grande sfida che la vita ci riserva e superarla nel miglior modo possibile permette di misurare le nostre capacità sia fisiche, attraverso la resistenza del nostro corpo sia mentali, attraverso le scelte e la comunicazione che stabiliamo con la mamma. Il primo pianto potrebbe essere quindi un urlo di esultazione e di soddisfazione per avercela fatta. Una grande dose di autostima!
Ma cosa intendiamo per autostima? L’autostima è l’apprezzamento delle proprie capacità, dei propri talenti. E’ un piacersi, un avere fiducia in se stessi. Inoltre una buona autostima permette di essere collaborativi, mettendo a disposizione degli altri i propri talenti e rinunciando a essi, se necessario, senza per questo sentirsi sminuiti. Permette di esplorare il mondo, di entrare in nuove sfide senza paura, con gradualità, riconoscendo ciò che è bene per il nostro modo di essere. Una buona autostima crea una comunicazione efficace capace di far esprimere i propri bisogni e accogliere quelli degli altri.
Perché quindi mettere in relazione il primo pianto con le basi dell’autostima? Perché il primo pianto è la prima comunicazione verbale con l’ambiente e quindi la prima risposta che riceviamo in termine di comprensione e riconoscimento dell’esperienza che abbiamo fatto per essere qua. Se la risposta sarà adeguata alla nostra esigenza saremo più fiduciosi delle nostre capacità comunicative e rafforzeremo quello che già abbiamo avuto modo di sperimentare durante la vita prenatale e soprattutto durante il travaglio e il parto. Questo insegnerà ad avere una grande fiducia nella collaborazione in future relazioni.
Collegare quindi il primo pianto con la necessità di espandere i polmoni, fare il primo respiro, può essere riduttivo. Considerarlo come atto comunicativo, permette di comprendere come la sollecitazione con stimolazioni eccessive, come sempre veniva fatto nel passato e forse ancora oggi, può rappresentare uno shock determinando un’impronta negativa sull’autostima del bambino che avrà ricevuto in questo modo, una risposta inadeguata.

La stimolazione eccessiva non è l’unica cosa che può portare il neonato a uno stato di shock nei primissimi istanti del suo ingresso in questo mondo. Pensiamo all’ impatto che può avere su di lui un taglio cesareo, un parto vaginale operativo, un ambiente inquinato da luci e rumori, un clampaggio del cordone precoce, la separazione dalla mamma e le varie procedure mediche e/o infermieristiche. Tutti questi fattori agiscono come interruzioni sul suo “saper fare” e può percepirli come manipolazioni contro la sua volontà. Il primo pianto che sarà in questo caso un’espressione del suo disagio, se non sarà compreso e accolto, nutrirà la sfiducia del bambino facendolo sentire incapace di interagire con l’ambiente.

Il bambino per sua natura non si arrende facilmente e quindi proverà successivamente a ricevere riposte adeguate attraverso altri pianti. Se tali risposte cominceranno ad arrivare, egli avrà la possibilità di sanare la sua autostima. Altrimenti se continuerà a sentirsi incompreso, questa si abbasserà di volta in volta fino a fargli innescare una serie di strategie comportamentali quali per esempio la chiusura, la tristezza, la rabbia o l’aggressività, indici di poca fiducia in se stesso e nella propria capacità di relazionarsi con gli altri. Quindi la comprensione e l’accoglienza del primo pianto è fondamentale come imprinting per l’autostima del bambino cosi come è importante la comprensione dei pianti dei primi mesi poiché essi possono funzionare da rafforzativi, sia in senso positivo che negativo, sulle sue emozioni.
La principale emozione legata all’autostima è il sentirsi desiderato e accettato. Tale sentimento si forma già durante l’esperienza del concepimento e può creare una ferita che verrà guarita solo con successive conferme d’ amore da parte dei genitori. Una gravidanza inaspettata e indesiderata, è facilmente indice di bassa autostima della neomamma che la trasmetterà al suo bambino e sarà meno capace di accogliere i suoi bisogni e quindi i suoi pianti. Infine non dimentichiamo quanto un parto naturale abbia un grande impatto sull’autostima sia della donna che del bambino.

Nella nostra cultura manca ancora la consapevolezza di quanto sia importante il vissuto della gravidanza e il modo nel quale i nostri bambini nascono e vengono accolti in questo mondo e quanto tutti questi fattori contribuiscano a creare una buona autostima. In una società caratterizzata da bassa autostima vediamo prevalere la competitività sulla collaborazione, l’aggressività sull’empatia e molto spesso si ha difficoltà a esprimere i propri talenti. Prevale la paura sull’amore, la depressione sulla felicità e siamo sottoposti al potere di una comunicazione manipolativa(pubblicità) e poco abituati a stabilire una comunicazione empatica.

Comprendere e accogliere il primo pianto può diventare il primo passo per una società migliore fatta di persone che credono in se stesse e negli altri.

Bibliografia:
Emerson W., Behandlung von Geburtstraumata bei Sauglingen und Kindern, Mattes Verlag Heidelberg, 2012
Harms, T. La forza del legame, il pronto soccorso emozionale nelle situazioni di crisi con i bambini, Ed, il leone verde, 2018
Hogg, T., il linguaggio segreto dei neonati, Oscar Mondadori, 2004
Leboyer F. Per una nascita senza violenza. Il parto dal punto di vista del bambino. Ed. Bompiani 2017
Volta A., Spandrio R. et al, Cap. 18, Il post partum, In: Fisiologia della nascita, Dai prodromi al post partum, Carocci Faber, 2018

venerdì 22 novembre 2019

L'accoglienza consapevole dell'anima


Il canto del bambino
C’è una tribù in Africa, dove la data di nascita di un figlio non viene conteggiata da quando nasce, né da quando viene concepito ma dal giorno in cui nella mente della futura mamma si forma il pensiero del piccolo. Di fatti, quando questo pensiero diventa certezza e la donna decide che avrà un bambino, si reca nei boschi da sola e seduta sotto ad un albero ascolta in silenzio, fino a quando riesce a sentire il canto dello spirito del bambino che vuole venire nel suo grembo.
In seguito, dopo aver sentito la canzone del bambino ella torna da colui che sarà il padre del piccolo e gli insegna la canzone del loro futuro figlio. Fanno quindi l’amore per concepire fisicamente il bambino e per un po’ di tempo cantano la canzone del piccolo in modo tale da invitarlo nel grembo della madre.
Una volta che la madre è incinta, ella insegna la canzone del bambino alle levatrici e alle vecchie donne del villaggio, questo per fare in modo che tutti possano cantare la canzone e accogliere il piccolo quando nascerà. Questa canzone però non viene usata solo per accoglierlo ma in tutti i momenti della vita del bambino, infatti la canzone viene insegnata a tutti i componenti del villaggio e viene cantata nei momenti più importanti come i riti di pubertà, i successi ottenuti, o anche per consolarlo da una brutta caduta, da un ginocchio sbucciato, chi gli da una mano canta la sua canzone per onorare e consolare questa persona.
Nella tribù africana esiste però un’altra occasione in cui tutti gli abitanti del villaggio cantano al bambino: qualora, in qualsiasi momento durante la vita egli dovesse commettere un crimine o un atto sociale aberrante, l’individuo verrà chiamato al centro del paese e le persone della comunità formeranno un cerchio intorno a lui o a lei e gli canteranno la sua canzone. Questo perché il popolo africano non concepisce la punizione come la giusta cosa da fare per la correzione del comportamento dell’individuo, ma usa invece l’amore e il ricordo della propria identità per riportalo sulla retta via. Secondo la tribù quando l’individuo riconosce la propria canzone, quindi torna alle sue origine, al senso di amore e casa, ogni voglia o bisogno di fare cose che possono ferire gli altri, sparisce.
In ogni momento della vita la persona si sentirà cantare la sua canzone che in origine lui ha deciso, verrà cantata al suo matrimonio insieme a quella della sua consorte, verrà cantata anche il giorno in cui sdraiato sul letto sarà pronto per morire, e tutti gli abitanti gli staranno intorno e gli ricorderanno il suo canto per accompagnarlo per l’ultima volta alla fine del viaggio della vita.

lunedì 14 ottobre 2019

L'approccio terapeutico "nascere e rinascere"



Nascere e rinascere
Un approccio terapeutico per neonati, bambini e adulti
La nascita rappresenta un momento iniziatico con un imprinting potente per la vita sulla terra. Dopo nove mesi di crescita nell’acqua, uniti alla madre che ci protegge e nutre nel suo grembo, troviamo la forza di intraprendere il viaggio attraverso il canale del parto verso un mondo sconosciuto: la gravità, l’aria che sostituisce l’acqua intorno a noi e anche nei nostri polmoni, il primo contatto pelle a pelle, la luce, i rumori, la temperatura, gli odori.
Sembra che sia proprio il bambino a spingere il pulsante per iniziare il viaggio e lo fa quando è strutturalmente pronto o l’ambiente uterino crea troppa pressione oppure la placenta lo nutre in modo insufficiente. Egli comincia cosi a produrre ormoni per avviare il travaglio. La voglia di nascere diventa un fuoco portando madre e feto ad uno stato di estasi, ad una potenza da supereroi che gli permette di affrontare la nascita senza traumi ne dolori. Questo accade se nel corso della gravidanza è stato stabilito un dialogo tra la madre e il feto tale da consentire di rimanere in connessione continua durante il parto. È stato osservato che fare un’esperienza di nascita fisiologica facilita la predisposizione ad avere un buon rapporto con il fuoco interiore. Il fuoco che ci porta ad iniziare nuovi progetti, affrontare nuove situazioni, apprendere più facilmente i nostri bisogni, rispettare i nostri limiti e quelli degli altri, essere capaci di ascoltare insomma condurci nella giusta direzione. Quindi una nascita che accende il nostro fuoco interiore crea ottime condizioni per svolgere una buona vita, cioè quella che corrisponde di più all’intenzione della nostra anima.
Ecco quindi che arriviamo al punto: chi nasce con un cesareo elettivo non ha potuto sperimentare questo impulso interiore poiché il momento della nascita è stato deciso da altri e tutto il processo della nascita è stato imposto dall’esterno. Un’esperienza tale può creare una predisposizione a percepire gli eventi successivi come una forzatura, fatti non per propria volontà oppure a fare scelte inconsce che portano a sentirsi obbligati. Questo processo è detto ricapitolazione. Nel corso della vita eventi simili, possono rinforzare ulteriormente il vissuto perinatale sfociando in sintomi che acquistano una cronicità: ormai tutto nella vita è un obbligo e io non posso fare niente! Oppure può svilupparsi un atteggiamento passivo lasciando che siano gli altri a decidere al proprio posto. Un imprinting tale porterà difficilmente ad una vita felice e soddisfacente. È più probabile che ci si allontani sempre di più dal nostro scopo di vita.
L’effetto che il vissuto perinatale svolge sulla propria vita quindi dipende da come l’abbiamo percepito durante la nascita e in che modo lo stiamo ricapitolando durante la vita. Inoltre come affrontiamo la nascita dipende molto da come abbiamo vissuto la vita prenatale. Da questo punto di vista la nascita rappresenta in tanti aspetti, già una ricapitolazione della vita intrauterina e del concepimento.
Il caso di Maria*: Maria*, nata nel 2001 con un cesareo elettivo, riferiva difficoltà a superare gli esami scolastici venendo bocciata per ben due volte. Non si trattava di incapacità intellettuale, tutt’altro. Maria* è velocissima ad imparare gli argomenti che la interessano, ma trova il resto della scuola un obbligo. Il suo concepimento è stato per sua madre una sorpresa non molto gradita, almeno all’inizio. Lei sarebbe stata la terza figlia; oltretutto il progetto di vita di sua madre era orientato a riprendere lo studio all’università. Scoprendo la gravidanza di Maria* ella è andata in crisi e per un attimo ha anche pensato ad un aborto. Dopo un po’ di ascolto ha accolto la nuova gravidanza con amore, ma rimaneva in lei la sensazione di obbligo ad aver dovuto cambiare la propria vita. Cosi Maria* ha vissuto un senso di obbligo durante la gravidanza e il cesareo elettivo lo ha rinforzato ulteriormente.
In diverse sedute di terapia pre e perinatale sia Maria* che la madre hanno potuto rivivere il senso di obbligo del concepimento e del cesareo elettivo, prendendo cosi coscienza dell’origine dell’incapacità di Maria* di portare avanti la scuola. Questo processo viene chiamato “regressione di ricerca”. Una volta presa coscienza, si può fare l’esperienza di una nascita diversa da quella che è avvenuta all’epoca. Nel nostro caso, Maria* ha trovato l’impulso di voler nascere dalla propria volontà! Per lei forse si accendeva per la prima volta il suo fuoco interiore. Questa esperienza la chiamiamo “rinascita” (o anche regressione di ri-schematizzazione). È indirizzata a smorzare gli schemi del cervello rettiliano e del sistema limbico che si sono sviluppati attraverso le esperienze pre e perinatali e che portano ad un forte condizionamento. Essi sono così potenti perché grazie a loro siamo riusciti a nascere. Ogni persona porta in se diversi schemi pre e perinatali che ostacolano il percorso della propria vita. Oltre al cesareo, i più potenti interventi ostacolanti sono stati visti essere: la somministrazione di ossitocina sintetica, l’epidurale, la ventosa, la non collaborazione tra madre e feto, l’intrappolamento del feto, il posizionamento fetale sfavorevole.
Maria* dopo l’esperienza di essere nata per sua volontà, si sente ancora obbligata a studiare certi argomenti, ma non sente più così tanta avversione ad affrontarli. Il suo cervello rettiliano e il sistema limbico rimangono meno attivati e quindi non sfociano più nel rifiuto.
La terapia pre e perinatale per neonati, bambini e adulti (secondo William Emerson e Ray Castellino) ha dimostrato di essere un valido aiuto per smorzare gli schemi costruiti. Prima si interviene maggiore sarà l’effetto e il percorso più facile. Tale terapia viene offerta nel nostro centro “Ri-Nascita Libe” a Montefiascone (VT) sia in sedute individuali sia in gruppo. Ogni anno organizziamo un corso in gruppo per adulti.
Il primo corso “nascere e rinascere” per adulti si è tenuto nel 2019 e verrà riproposto nel 2020. Sono previsti quattro incontri che si svolgeranno durante il fine settimana, da marzo fino a novembre. Consideriamo questo corso molto interessante per la professione dell’ostetrica in quanto per poter assistere madre e feto nel più ampio sostegno è utile liberarsi dai propri schemi pre e perinatali più importanti. Infatti alcune situazioni durante il parto potrebbero attivare una ricapitolazione della propria storia di nascita. In questo caso il sostegno al parto potrebbe perdere l’autenticità e la risonanza necessaria. Inoltre l’esperienza del corso porta ad avere una maggiore consapevolezza e capacità di riconoscere i traumi pre e perinatali precocemente così da poter offrire alla mamma e al neonato un intervento e un sostegno immediato volto ad evitare una strutturazione del trauma stesso.
*il nome non corrisponde al nome reale della persona per diritti di privacy.
Per informazioni dettagliati sull’approccio terapeutico “nascere e rinascere” contattare:
 Fritz Baehler
Fisioterapista AIFI, Specialista in Osteopatia craniosacrale, Polarity-Terapia e Terapia pre- e perinatale secondo Ray Castellino e William Emerson. Riceve neonati, bambini e adulti nel suo studio a Montefiascone (VT)
Evelina Proli
Ostetrica, formatasi in counseling di base presso Aspic Roma, informatore medico nel settore della fitoterapia in età pediatrica. Vive a Viterbo.

domenica 13 ottobre 2019

Partecipazione alla presentazione del nuovo dipartimento della salute della donne e del bambino

Il 5 ottobre 2019 in occasione della presentazione del nuovo dipartimento della salute della donna e del bambino della ASL di Viterbo abbiamo, come soci dell'associazione "Ecococcole", fatto rinascere tanti bambini e adulti attraverso un percorso nascita-gioco mediante un tunnel che simulava il canale del parto. E' stato divertente e stimolante sia per i bambini che per noi. E' sempre impressionante come anche attraverso un semplice gioco possa riaffiorare un ricordo della nascita.



lunedì 19 agosto 2019

Articolo "Nascere e rinascere" nella rivista D&D, Nr. 105, Aprile 2019


Nascere e rinascere  uno strumento per aumentare la sensibilità di comprendere le violenze ostetriche vissute dalla coppia madre/bambino e per potenziare la capacità di affievolirne gli effetti.
Evelina Proli, Fritz Baehler
Il momento del parto, non rappresenta la prima tappa della vita di un essere umano, ma è l’epilogo di un lungo viaggio che ha inizio con il concepimento, prosegue nel grembo materno nei mesi di gestazione fino a terminare con l’ingresso fisico nel mondo attraverso il canale del parto.
Tutte le sensazioni che avremo provato, le emozioni che ci avrà trasmesso nostra madre, le difficoltà e i dolori provati durante il travaglio, la stanchezza e forse la paura di non farcela, determinerà nel nostro corpo e nella nostra psiche un’impronta che accompagnerà il resto della nostra vita e caratterizzerà il nostro modo di porci di fronte agli ostacoli o il momento di effettuare delle scelte. Anche il nostro modo di relazionarci con gli altri e con noi stessi sottostarà al condizionamento del vissuto pre e perinatale il quale, rimanendo nell’inconscio, porterà a ricalcare gli schemi messi in atto nell’esperienza di nascita, oppure sfociare in sintomi fisici o fobie [W. Emerson, 1996].
L’effetto di ciò che avviene durante la vita pre e perinatale è spesso sottovalutato e scarsamente preso in considerazione nella nostra realtà socio-culturale dove l’attenzione è focalizzata sulla gravidanza intesa come patologia, dove si interviene con una eccessiva medicalizzazione e controllo che nasconde paure o condizionamenti sociali, andando ad aumentare il ricorso ai parti operativi e portando la donna a sentirsi sfiduciata sulle proprie capacità di partorire e di connettersi con il proprio bambino. Come conseguenza possiamo trovare un neonato che si esprimerà con pianti inconsolabili, potrà avere disturbi del sonno, difficoltà di nutrizione (suzione, deglutizione) e difficoltà digestive (coliche). Spesso rifiuterà il contatto fisico e avrà difficoltà ad entrare in relazione (bounding e attaccamento). A lungo termine potrà sviluppare difficoltà a relazionarsi, manifestare shock cronici (reazioni di paura o spavento), fobie di invasione o di controllo, sviluppare una scarsa autostima con sensi di colpa, andare in contro ad abuso di sostanze, dolori cronici e altri disturbi comportamentali ed emotivi. [D. Chamberlain 1999; W. Emerson, 1998]
Il momento dell’accoglienza del neonato racchiude l’opportunità di affievolire il vissuto traumatico pre e perinatale se viene effettuato con comprensione, compassione ed empatia [R. Castellino, 2000; W. Emerson, 1998]. Il contatto pelle a pelle e l’attacco al seno precoce, sono aspetti favorevoli per sostenere la coppia madre/bambino nel processo di superamento del trauma. È fondamentale riconoscere ed onorare il loro vissuto doloroso e rispettare il loro tempo di ripresa. A tale scopo può essere utile rimandare le routine assistenziali evitando di sottoporre la coppia madre/bambino ad ulteriori stress nel rispetto della loro grande e scioccante fatica e sostenerli nella loro capacità di guarigione.
Gli innumerevoli anni di studio di psicologia pre e perinatale che effettuarono tra gli altri William Emerson e Ray Castellino, portarono ad individuare strumenti efficaci in grado di sanare o perlomeno affievolire i traumi e gli effetti da essi derivanti. Valutarono l’applicazione e l’utilità di questi strumenti nelle diverse fasi della vita – neonati, bambini, adolescenti e adulti. Tali studi evidenziarono come i bambini trattati precocemente, rimangono privi degli effetti nominati in precedenza. Sviluppano maggiore capacità di stare nel presente e quindi sono più fiduciosi. Hanno una maggiore consapevolezza delle proprie potenzialità, scelgono più frequentemente la cooperazione, sviluppano un modo d’apprendimento personale, ma efficace, sono emotivamente consapevoli, empatici, non aggressivi, mutualmente comunicativi, affidabili, capaci di legame con gli altri e in grado di distinguere l’affidabilità negli altri [R. Castellino, 2000; W. Emerson, 2001]. Invece i bambini non trattati, incontrando eventi simili al vissuto pre e perinatale, hanno una grande probabilità di rinforzare l’effetto del trauma con conseguente cronicità dei sintomi [W. Emerson 1996]. Questo processo si chiama ricapitolazione.
Tanti sintomi e aspetti caratteriali di molte persone, sono in realtà una ricapitolazione di traumi pre e perinatali. Possiamo individuarli nel modo in cui queste persone guidano la macchina, escono da casa, prendono decisioni, si relazionano con gli altri, camminano e si muovono [D. Chamberlain, 1999; W. Emerson, 1998]. Il lavoro che viene svolto con gli adulti, dovendo sciogliere dei traumi più strutturati, necessita di tempi più lunghi. Rimane comunque efficace nello sciogliere i condizionamenti dai traumi pre e perinatali e permette di acquisire una maggiore sensibilità di comprendere i traumi vissuti dalla coppia madre/bambino sviluppando una crescente potenzialità per sostenerli nei loro bisogni.
Come si svolge il lavoro per sciogliere gli effetti dei traumi pre e perinatali negli adulti?
Lavorando in piccoli gruppi, in un ambiente caldo ed accogliente che tenderà a riprodurre il grembo materno, si cerca di creare degli stimoli come ad esempio le contrazioni uterine esercitando delle pressioni sul corpo, la dilatazione della cervice, il passaggio nel canale del parto ed infine l’accoglienza. Questo permette al nostro inconscio di far emergere i ricordi rimossi della nascita e prendere cosi consapevolezza del proprio condizionamento. A volte può essere già sufficiente per il superamento dei traumi leggeri. Spesso invece si renderà necessario intraprendere un altro passo chiamato rischematizzazione o rinascita. La rinascita consiste nell’esperienza di una nascita modificata. Avendo preso consapevolezza del condizionamento, si può modificare il processo della nascita e vivere una rinascita evitando la sofferenza. Si può così rilasciare il trauma e anche riconoscere le risorse che abbiamo messo in atto in quel momento difficile e trovare nuovi schemi e nuovi modi di essere più funzionali per la nostra esistenza.
Questo lavoro esperienziale risulta utile per tutte quelle persone la cui vita è caratterizzata da traumi riconducibili a violenze ostetriche, ai futuri genitori per accrescere la loro consapevolezza e sensibilità nell’accogliere fin dall’inizio nel migliore dei modi il loro bambino, ma soprattutto questo è un valido strumento per le ostetriche per sostenere con sensibilità in tutto il periodo pre e perinatale la coppia madre/bambino, per accogliere ed onorare il vissuto del bambino e per poter sanare anche i propri traumi che potrebbero interferire, risuonando, durante il sostegno.
Ci piace pensare che le ostetriche essendo i guardiani della porta del mondo, aiutino a migliorare l’ingresso e la vita futura di ogni nuovo essere umano.
Per informazioni sul corso:”Nascere e Rinascere” scrivere a: prolievelina@gmail.com
                                                                                                Fritzbaehler@libero.it
Evelina Proli
Ostetrica dal 1989, ha lavorato fino al 2005 presso la ASL Rm21. Nel 2006/2008 ha frequentato corso di counseling base presso Aspic Roma. Lavora come informatore medico nel settore della fitoterapia in età pediatrica e vive a Viterbo.
Fritz Baehler
Nato in Svizzera, si è trasferito nel 2000 in Italia cambiando la sua vita da ingegnere ambientale a terapista, studiando prima la terapia della polarità (Polarity) a Zurigo per poi laurearsi in fisioterapia all’Università di Bologna (2008). Contemporaneamente si è formato in terapia pre- e perinatale secondo Ray Castellino e William Emerson. Riceve neonati, bambini e adulti nel suo studio a Montefiascone (VT).

Bibliografia:
D. Chamberlain, Obstetrics and the Prenatal Psyche. In: Journal of Prenatal and Perinatal Psychology and Health, Volume 14, Issue 1/2, Lancaster, 1999.
R. Castellino, The Stress Matrix: Implications for Prenatal and Birth Therapy. In: Journal of Prenatal and Perinatal Psychology and Health, Volume 15, Issue 1, Lancaster, 2000.
W. Emerson, Treating Cesarean Birth Trauma During Infancy and Childhood, In: Journal of Prenatal and Perinatal Psychology and Health, Volume 15, Issue 3, Lancaster, 2001.
W. Emerson, Birth Trauma: The Psychological Effects of Obstetrical Interventions, In: Journal of Prenatal and Perinatal Psychology and Health, Volume 13, Issue 1, Lancaster, 1998
W. Emerson, The Vulnerable Prenate, In: Journal of Prenatal and Perinatal Psychology and Health, Volume 10, Issue 3, Lancaster, 1996