Evelina Proli,
Ostetrica
Fritz Baehler, Polarity Terapista
Il primo pianto è la prima volta che usiamo la
voce per esprimerci. Esso contiene un messaggio cosi come tutti i pianti
successivi. È probabile che sia un messaggio con una carica emotiva molto
importante tale da creare un forte imprinting sulla fiducia nella capacità di
esprimerci e di essere compresi. Il modo in cui questa prima esperienza condiziona
l’autostima e quali aspetti di essa vengono colpiti, dipende dal significato
del messaggio inviato, da come viene compreso, dal suo accoglimento e dall’esperienze
di comunicazione prenatali vissute. Siamo coscienti, sensibili e percettivi fin
dall’inizio del nostro viaggio, cioè dal concepimento in poi.
Nascere è la prima grande
sfida che la vita ci riserva e superarla nel miglior modo possibile permette di
misurare le nostre capacità sia fisiche, attraverso la resistenza del nostro
corpo sia mentali, attraverso le scelte e la comunicazione che stabiliamo con
la mamma. Il primo pianto potrebbe essere quindi un urlo di esultazione e di
soddisfazione per avercela fatta. Una grande dose di autostima!
Ma
cosa intendiamo per autostima? L’autostima è l’apprezzamento delle proprie
capacità, dei propri talenti. E’ un piacersi, un avere fiducia in se stessi.
Inoltre una buona autostima permette di essere collaborativi, mettendo a
disposizione degli altri i propri talenti e rinunciando a essi, se necessario,
senza per questo sentirsi sminuiti. Permette di esplorare il mondo, di entrare
in nuove sfide senza paura, con gradualità, riconoscendo ciò che è bene per il
nostro modo di essere. Una buona autostima crea una comunicazione efficace
capace di far esprimere i propri bisogni e accogliere quelli degli altri.
Perché quindi mettere in
relazione il primo pianto con le basi dell’autostima? Perché il primo pianto è
la prima comunicazione verbale con l’ambiente e quindi la prima risposta che
riceviamo in termine di comprensione e riconoscimento dell’esperienza che
abbiamo fatto per essere qua. Se la risposta sarà adeguata alla nostra esigenza
saremo più fiduciosi delle nostre capacità comunicative e rafforzeremo quello
che già abbiamo avuto modo di sperimentare durante la vita prenatale e
soprattutto durante il travaglio e il parto. Questo insegnerà ad avere una
grande fiducia nella collaborazione in future relazioni.
Collegare quindi il primo
pianto con la necessità di espandere i polmoni, fare il primo respiro, può
essere riduttivo. Considerarlo come atto comunicativo, permette di comprendere
come la sollecitazione con stimolazioni eccessive, come sempre veniva fatto nel
passato e forse ancora oggi, può rappresentare uno shock determinando
un’impronta negativa sull’autostima del bambino che avrà ricevuto in questo
modo, una risposta inadeguata.
La stimolazione eccessiva
non è l’unica cosa che può portare il neonato a uno stato di shock nei
primissimi istanti del suo ingresso in questo mondo. Pensiamo all’ impatto che
può avere su di lui un taglio cesareo, un parto vaginale operativo, un ambiente
inquinato da luci e rumori, un clampaggio del cordone precoce, la separazione
dalla mamma e le varie procedure mediche e/o infermieristiche. Tutti questi
fattori agiscono come interruzioni sul suo “saper fare” e può percepirli come
manipolazioni contro la sua volontà. Il primo pianto che sarà in questo caso
un’espressione del suo disagio, se non sarà compreso e accolto, nutrirà la
sfiducia del bambino facendolo sentire incapace di interagire con l’ambiente.
Il bambino per sua natura
non si arrende facilmente e quindi proverà successivamente a ricevere riposte
adeguate attraverso altri pianti. Se tali risposte cominceranno ad arrivare,
egli avrà la possibilità di sanare la sua autostima. Altrimenti se continuerà a
sentirsi incompreso, questa si abbasserà di volta in volta fino a fargli
innescare una serie di strategie comportamentali quali per esempio la chiusura,
la tristezza, la rabbia o l’aggressività, indici di poca fiducia in se stesso e
nella propria capacità di relazionarsi con gli altri. Quindi la comprensione e
l’accoglienza del primo pianto è fondamentale come imprinting per l’autostima
del bambino cosi come è importante la comprensione dei pianti dei primi mesi
poiché essi possono funzionare da rafforzativi, sia in senso positivo che
negativo, sulle sue emozioni.
La principale emozione
legata all’autostima è il sentirsi desiderato e accettato. Tale sentimento si
forma già durante l’esperienza del concepimento e può creare una ferita che
verrà guarita solo con successive conferme d’ amore da parte dei genitori. Una
gravidanza inaspettata e indesiderata, è facilmente indice di bassa autostima
della neomamma che la trasmetterà al suo bambino e sarà meno capace di
accogliere i suoi bisogni e quindi i suoi pianti. Infine non dimentichiamo
quanto un parto naturale abbia un grande impatto sull’autostima sia della donna
che del bambino.
Nella nostra cultura manca
ancora la consapevolezza di quanto sia importante il vissuto della gravidanza e
il modo nel quale i nostri bambini nascono e vengono accolti in questo mondo e
quanto tutti questi fattori contribuiscano a creare una buona autostima. In una
società caratterizzata da bassa autostima vediamo prevalere la competitività
sulla collaborazione, l’aggressività sull’empatia e molto spesso si ha
difficoltà a esprimere i propri talenti. Prevale la paura sull’amore, la
depressione sulla felicità e siamo sottoposti al potere di una comunicazione
manipolativa(pubblicità) e poco abituati a stabilire una comunicazione empatica.
Comprendere e accogliere il
primo pianto può diventare il primo passo per una società migliore fatta di
persone che credono in se stesse e negli altri.
Bibliografia:
Emerson W.,
Behandlung von Geburtstraumata bei Sauglingen und Kindern, Mattes Verlag
Heidelberg, 2012
Harms, T. La forza del legame, il pronto soccorso emozionale
nelle situazioni di crisi con i bambini, Ed, il leone verde, 2018
Hogg, T., il linguaggio segreto dei neonati, Oscar
Mondadori, 2004
Leboyer F. Per una nascita senza violenza. Il parto dal
punto di vista del bambino. Ed. Bompiani 2017
Volta A., Spandrio R. et al, Cap. 18, Il post partum, In:
Fisiologia della nascita, Dai prodromi al post partum, Carocci Faber, 2018
Nessun commento:
Posta un commento