Siamo grati di aver trovato uno spazio accogliente e nutriente per presentare il nostro lavoro sulla nascita e i nostri corsi "nascere e rinascere" 2020: il Centro Nutrizionale Viterbo (CNV) di Daniele Pietrucci. Venite ad ascoltare!
Centro RiNascita Libe
martedì 25 febbraio 2020
domenica 2 febbraio 2020
"L’imprinting del primo pianto. Le origini dell’autostima" in D&D Nr.108, Gennaio 2020
Evelina Proli,
Ostetrica
Fritz Baehler, Polarity Terapista
Il primo pianto è la prima volta che usiamo la
voce per esprimerci. Esso contiene un messaggio cosi come tutti i pianti
successivi. È probabile che sia un messaggio con una carica emotiva molto
importante tale da creare un forte imprinting sulla fiducia nella capacità di
esprimerci e di essere compresi. Il modo in cui questa prima esperienza condiziona
l’autostima e quali aspetti di essa vengono colpiti, dipende dal significato
del messaggio inviato, da come viene compreso, dal suo accoglimento e dall’esperienze
di comunicazione prenatali vissute. Siamo coscienti, sensibili e percettivi fin
dall’inizio del nostro viaggio, cioè dal concepimento in poi.
Nascere è la prima grande
sfida che la vita ci riserva e superarla nel miglior modo possibile permette di
misurare le nostre capacità sia fisiche, attraverso la resistenza del nostro
corpo sia mentali, attraverso le scelte e la comunicazione che stabiliamo con
la mamma. Il primo pianto potrebbe essere quindi un urlo di esultazione e di
soddisfazione per avercela fatta. Una grande dose di autostima!
Ma
cosa intendiamo per autostima? L’autostima è l’apprezzamento delle proprie
capacità, dei propri talenti. E’ un piacersi, un avere fiducia in se stessi.
Inoltre una buona autostima permette di essere collaborativi, mettendo a
disposizione degli altri i propri talenti e rinunciando a essi, se necessario,
senza per questo sentirsi sminuiti. Permette di esplorare il mondo, di entrare
in nuove sfide senza paura, con gradualità, riconoscendo ciò che è bene per il
nostro modo di essere. Una buona autostima crea una comunicazione efficace
capace di far esprimere i propri bisogni e accogliere quelli degli altri.
Perché quindi mettere in
relazione il primo pianto con le basi dell’autostima? Perché il primo pianto è
la prima comunicazione verbale con l’ambiente e quindi la prima risposta che
riceviamo in termine di comprensione e riconoscimento dell’esperienza che
abbiamo fatto per essere qua. Se la risposta sarà adeguata alla nostra esigenza
saremo più fiduciosi delle nostre capacità comunicative e rafforzeremo quello
che già abbiamo avuto modo di sperimentare durante la vita prenatale e
soprattutto durante il travaglio e il parto. Questo insegnerà ad avere una
grande fiducia nella collaborazione in future relazioni.
Collegare quindi il primo
pianto con la necessità di espandere i polmoni, fare il primo respiro, può
essere riduttivo. Considerarlo come atto comunicativo, permette di comprendere
come la sollecitazione con stimolazioni eccessive, come sempre veniva fatto nel
passato e forse ancora oggi, può rappresentare uno shock determinando
un’impronta negativa sull’autostima del bambino che avrà ricevuto in questo
modo, una risposta inadeguata.
La stimolazione eccessiva
non è l’unica cosa che può portare il neonato a uno stato di shock nei
primissimi istanti del suo ingresso in questo mondo. Pensiamo all’ impatto che
può avere su di lui un taglio cesareo, un parto vaginale operativo, un ambiente
inquinato da luci e rumori, un clampaggio del cordone precoce, la separazione
dalla mamma e le varie procedure mediche e/o infermieristiche. Tutti questi
fattori agiscono come interruzioni sul suo “saper fare” e può percepirli come
manipolazioni contro la sua volontà. Il primo pianto che sarà in questo caso
un’espressione del suo disagio, se non sarà compreso e accolto, nutrirà la
sfiducia del bambino facendolo sentire incapace di interagire con l’ambiente.
Il bambino per sua natura
non si arrende facilmente e quindi proverà successivamente a ricevere riposte
adeguate attraverso altri pianti. Se tali risposte cominceranno ad arrivare,
egli avrà la possibilità di sanare la sua autostima. Altrimenti se continuerà a
sentirsi incompreso, questa si abbasserà di volta in volta fino a fargli
innescare una serie di strategie comportamentali quali per esempio la chiusura,
la tristezza, la rabbia o l’aggressività, indici di poca fiducia in se stesso e
nella propria capacità di relazionarsi con gli altri. Quindi la comprensione e
l’accoglienza del primo pianto è fondamentale come imprinting per l’autostima
del bambino cosi come è importante la comprensione dei pianti dei primi mesi
poiché essi possono funzionare da rafforzativi, sia in senso positivo che
negativo, sulle sue emozioni.
La principale emozione
legata all’autostima è il sentirsi desiderato e accettato. Tale sentimento si
forma già durante l’esperienza del concepimento e può creare una ferita che
verrà guarita solo con successive conferme d’ amore da parte dei genitori. Una
gravidanza inaspettata e indesiderata, è facilmente indice di bassa autostima
della neomamma che la trasmetterà al suo bambino e sarà meno capace di
accogliere i suoi bisogni e quindi i suoi pianti. Infine non dimentichiamo
quanto un parto naturale abbia un grande impatto sull’autostima sia della donna
che del bambino.
Nella nostra cultura manca
ancora la consapevolezza di quanto sia importante il vissuto della gravidanza e
il modo nel quale i nostri bambini nascono e vengono accolti in questo mondo e
quanto tutti questi fattori contribuiscano a creare una buona autostima. In una
società caratterizzata da bassa autostima vediamo prevalere la competitività
sulla collaborazione, l’aggressività sull’empatia e molto spesso si ha
difficoltà a esprimere i propri talenti. Prevale la paura sull’amore, la
depressione sulla felicità e siamo sottoposti al potere di una comunicazione
manipolativa(pubblicità) e poco abituati a stabilire una comunicazione empatica.
Comprendere e accogliere il
primo pianto può diventare il primo passo per una società migliore fatta di
persone che credono in se stesse e negli altri.
Bibliografia:
Emerson W.,
Behandlung von Geburtstraumata bei Sauglingen und Kindern, Mattes Verlag
Heidelberg, 2012
Harms, T. La forza del legame, il pronto soccorso emozionale
nelle situazioni di crisi con i bambini, Ed, il leone verde, 2018
Hogg, T., il linguaggio segreto dei neonati, Oscar
Mondadori, 2004
Leboyer F. Per una nascita senza violenza. Il parto dal
punto di vista del bambino. Ed. Bompiani 2017
Volta A., Spandrio R. et al, Cap. 18, Il post partum, In:
Fisiologia della nascita, Dai prodromi al post partum, Carocci Faber, 2018
venerdì 22 novembre 2019
L'accoglienza consapevole dell'anima
Il canto del bambino
C’è una tribù in Africa, dove la data di nascita di un
figlio non viene conteggiata da quando nasce, né da quando viene concepito ma
dal giorno in cui nella mente della futura mamma si forma il pensiero
del piccolo. Di fatti, quando questo pensiero diventa certezza e la donna
decide che avrà un bambino, si reca nei boschi da sola e seduta sotto ad un
albero ascolta in silenzio, fino a quando riesce a sentire il canto dello spirito
del bambino che vuole venire nel suo grembo.
In seguito, dopo aver sentito la canzone del bambino
ella torna da colui che sarà il padre del piccolo e gli insegna la canzone del
loro futuro figlio. Fanno quindi l’amore per concepire fisicamente il
bambino e per un po’ di tempo cantano la canzone del piccolo in modo
tale da invitarlo nel grembo della madre.
Una volta che la madre è incinta, ella insegna
la canzone del bambino alle levatrici e alle vecchie donne del villaggio,
questo per fare in modo che tutti possano cantare la canzone e accogliere
il piccolo quando nascerà. Questa canzone però non viene usata solo
per accoglierlo ma in tutti i momenti della vita del bambino, infatti la
canzone viene insegnata a tutti i componenti del villaggio e viene
cantata nei momenti più importanti come i riti di pubertà, i
successi ottenuti, o anche per consolarlo da una brutta caduta, da un ginocchio
sbucciato, chi gli da una mano canta la sua canzone per onorare e consolare
questa persona.
Nella tribù africana esiste però
un’altra occasione in cui tutti gli abitanti del
villaggio cantano al bambino: qualora, in qualsiasi momento durante la vita
egli dovesse commettere un crimine o un atto sociale aberrante, l’individuo
verrà chiamato al centro del paese e le persone della comunità formeranno un
cerchio intorno a lui o a lei e gli canteranno la sua canzone. Questo
perché il popolo africano non concepisce la punizione come la giusta
cosa da fare per la correzione del comportamento dell’individuo,
ma usa invece l’amore e il ricordo della propria identità per
riportalo sulla retta via. Secondo la tribù quando l’individuo riconosce la
propria canzone, quindi torna alle sue origine, al senso di amore e
casa, ogni voglia o bisogno di fare cose che possono ferire gli altri,
sparisce.
In ogni momento della vita la persona si
sentirà cantare la sua canzone che in origine lui ha deciso, verrà cantata
al suo matrimonio insieme a quella della sua consorte, verrà cantata anche il
giorno in cui sdraiato sul letto sarà pronto per morire, e tutti gli abitanti
gli staranno intorno e gli ricorderanno il suo canto per accompagnarlo per
l’ultima volta alla fine del viaggio della vita.
lunedì 14 ottobre 2019
L'approccio terapeutico "nascere e rinascere"
Nascere e
rinascere
Un approccio terapeutico per
neonati, bambini e adulti
La nascita rappresenta un momento iniziatico con un imprinting potente per la vita sulla
terra. Dopo nove mesi di crescita nell’acqua, uniti alla madre che ci protegge e
nutre nel suo grembo, troviamo la forza di intraprendere il viaggio attraverso
il canale del parto verso un mondo sconosciuto: la gravità, l’aria che
sostituisce l’acqua intorno a noi e anche nei nostri polmoni, il primo contatto
pelle a pelle, la luce, i rumori, la temperatura, gli odori.
Sembra che sia proprio il bambino a spingere il
pulsante per iniziare il viaggio e lo fa quando è strutturalmente pronto o
l’ambiente uterino crea troppa pressione oppure la placenta lo nutre in modo
insufficiente. Egli comincia cosi a produrre ormoni per avviare il travaglio. La
voglia di nascere diventa un fuoco portando madre e feto ad uno stato di
estasi, ad una potenza da supereroi che gli permette di affrontare la nascita
senza traumi ne dolori. Questo accade se nel corso della gravidanza è stato stabilito
un dialogo tra la madre e il feto tale da consentire di rimanere in connessione
continua durante il parto. È stato osservato che fare un’esperienza di nascita
fisiologica facilita la predisposizione ad avere un buon rapporto con il fuoco
interiore. Il fuoco che ci porta ad iniziare nuovi progetti, affrontare nuove situazioni,
apprendere più facilmente i nostri bisogni, rispettare i nostri limiti e quelli
degli altri, essere capaci di ascoltare insomma condurci nella giusta direzione.
Quindi una nascita che accende il nostro fuoco interiore crea ottime condizioni
per svolgere una buona vita, cioè quella che corrisponde di più all’intenzione
della nostra anima.
Ecco quindi che arriviamo al punto: chi nasce con
un cesareo elettivo non ha potuto sperimentare
questo impulso interiore poiché il momento della nascita è stato deciso da altri
e tutto il processo della nascita è stato imposto dall’esterno. Un’esperienza
tale può creare una predisposizione a percepire gli eventi successivi come una forzatura,
fatti non per propria volontà oppure a fare scelte inconsce che portano a
sentirsi obbligati. Questo processo è detto ricapitolazione. Nel corso della vita eventi simili, possono
rinforzare ulteriormente il vissuto perinatale sfociando in sintomi che
acquistano una cronicità: ormai tutto nella vita è un obbligo e io non posso
fare niente! Oppure può svilupparsi un atteggiamento passivo lasciando che
siano gli altri a decidere al proprio posto. Un imprinting tale porterà
difficilmente ad una vita felice e soddisfacente. È più probabile che ci si allontani
sempre di più dal nostro scopo di vita.
L’effetto che il vissuto perinatale svolge sulla
propria vita quindi dipende da come
l’abbiamo percepito durante la nascita e in che modo lo stiamo ricapitolando
durante la vita. Inoltre come affrontiamo la nascita dipende molto da come
abbiamo vissuto la vita prenatale. Da questo punto di vista la nascita
rappresenta in tanti aspetti, già una ricapitolazione della vita intrauterina e
del concepimento.
Il caso di
Maria*: Maria*, nata nel 2001 con un cesareo elettivo, riferiva difficoltà
a superare gli esami scolastici venendo bocciata per ben due volte. Non si
trattava di incapacità intellettuale, tutt’altro. Maria* è velocissima ad
imparare gli argomenti che la interessano, ma trova il resto della scuola un
obbligo. Il suo concepimento è stato per sua madre una sorpresa non molto
gradita, almeno all’inizio. Lei sarebbe stata la terza figlia; oltretutto il progetto
di vita di sua madre era orientato a riprendere lo studio all’università. Scoprendo
la gravidanza di Maria* ella è andata in crisi e per un attimo ha anche pensato
ad un aborto. Dopo un po’ di ascolto ha accolto la nuova gravidanza con amore, ma
rimaneva in lei la sensazione di obbligo ad aver dovuto cambiare la propria
vita. Cosi Maria* ha vissuto un senso di obbligo durante la gravidanza e il
cesareo elettivo lo ha rinforzato ulteriormente.
In diverse sedute di terapia pre e perinatale sia Maria*
che la madre hanno potuto rivivere il senso di obbligo del concepimento e del
cesareo elettivo, prendendo cosi coscienza dell’origine dell’incapacità di
Maria* di portare avanti la scuola. Questo processo viene chiamato “regressione di ricerca”. Una volta
presa coscienza, si può fare l’esperienza di una nascita diversa da quella che
è avvenuta all’epoca. Nel nostro caso, Maria* ha trovato l’impulso di voler
nascere dalla propria volontà! Per lei forse si accendeva per la prima volta il
suo fuoco interiore. Questa esperienza la chiamiamo “rinascita” (o anche regressione di ri-schematizzazione). È
indirizzata a smorzare gli schemi del cervello rettiliano e del sistema limbico
che si sono sviluppati attraverso le esperienze pre e perinatali e che portano
ad un forte condizionamento. Essi sono così potenti perché grazie a loro siamo
riusciti a nascere. Ogni persona porta in se diversi schemi pre e perinatali
che ostacolano il percorso della propria vita. Oltre al cesareo, i più potenti
interventi ostacolanti sono stati visti essere: la somministrazione di
ossitocina sintetica, l’epidurale, la ventosa, la non collaborazione tra madre
e feto, l’intrappolamento del feto, il posizionamento fetale sfavorevole.
Maria* dopo l’esperienza di essere nata per sua volontà,
si sente ancora obbligata a studiare certi argomenti, ma non sente più così
tanta avversione ad affrontarli. Il suo cervello rettiliano e il sistema limbico
rimangono meno attivati e quindi non sfociano più nel rifiuto.
La terapia pre e perinatale per neonati, bambini e
adulti (secondo William Emerson e Ray Castellino) ha dimostrato di essere un
valido aiuto per smorzare gli schemi costruiti. Prima si interviene maggiore
sarà l’effetto e il percorso più facile. Tale terapia viene offerta nel nostro
centro “Ri-Nascita Libe” a Montefiascone (VT) sia in sedute individuali sia in
gruppo. Ogni anno organizziamo un corso in gruppo per adulti.
Il primo corso “nascere e rinascere” per adulti si
è tenuto nel 2019 e verrà riproposto nel 2020. Sono previsti quattro incontri che
si svolgeranno durante il fine settimana, da marzo fino a novembre. Consideriamo
questo corso molto interessante per la professione dell’ostetrica in quanto per
poter assistere madre e feto nel più ampio sostegno è utile liberarsi dai
propri schemi pre e perinatali più importanti. Infatti alcune situazioni durante
il parto potrebbero attivare una ricapitolazione della propria storia di
nascita. In questo caso il sostegno al parto potrebbe perdere l’autenticità e
la risonanza necessaria. Inoltre l’esperienza del corso porta ad avere una
maggiore consapevolezza e capacità di riconoscere i traumi pre e perinatali precocemente
così da poter offrire alla mamma e al neonato un intervento e un sostegno
immediato volto ad evitare una strutturazione del trauma stesso.
*il nome non corrisponde al nome reale della
persona per diritti di privacy.
Per informazioni dettagliati sull’approccio
terapeutico “nascere e rinascere” contattare:
Fritz Baehler
Fisioterapista
AIFI, Specialista in Osteopatia craniosacrale, Polarity-Terapia e Terapia pre-
e perinatale secondo Ray Castellino e William Emerson. Riceve neonati,
bambini e adulti nel suo studio a Montefiascone (VT)
|
Evelina
Proli
Ostetrica,
formatasi in counseling di base presso Aspic Roma, informatore medico nel
settore della fitoterapia in età pediatrica. Vive a Viterbo.
|
domenica 13 ottobre 2019
Partecipazione alla presentazione del nuovo dipartimento della salute della donne e del bambino
Il 5 ottobre 2019 in occasione della presentazione del nuovo dipartimento della salute della donna e del bambino della ASL di Viterbo abbiamo, come soci dell'associazione "Ecococcole", fatto rinascere tanti bambini e adulti attraverso un percorso nascita-gioco mediante un tunnel che simulava il canale del parto. E' stato divertente e stimolante sia per i bambini che per noi. E' sempre impressionante come anche attraverso un semplice gioco possa riaffiorare un ricordo della nascita.
lunedì 19 agosto 2019
Articolo "Nascere e rinascere" nella rivista D&D, Nr. 105, Aprile 2019
Nascere e rinascere uno strumento
per aumentare la sensibilità di comprendere le violenze ostetriche vissute
dalla coppia madre/bambino e per potenziare la capacità di affievolirne gli
effetti.
Evelina Proli, Fritz
Baehler
Il momento del parto, non rappresenta la prima tappa della
vita di un essere umano, ma è l’epilogo di un lungo viaggio che ha inizio con
il concepimento, prosegue nel grembo materno nei mesi di gestazione fino a
terminare con l’ingresso fisico nel mondo attraverso il canale del parto.
Tutte le sensazioni che avremo provato, le emozioni che ci avrà trasmesso nostra madre, le difficoltà e i dolori provati durante il travaglio, la stanchezza e forse la paura di non farcela, determinerà nel nostro corpo e nella nostra psiche un’impronta che accompagnerà il resto della nostra vita e caratterizzerà il nostro modo di porci di fronte agli ostacoli o il momento di effettuare delle scelte. Anche il nostro modo di relazionarci con gli altri e con noi stessi sottostarà al condizionamento del vissuto pre e perinatale il quale, rimanendo nell’inconscio, porterà a ricalcare gli schemi messi in atto nell’esperienza di nascita, oppure sfociare in sintomi fisici o fobie [W. Emerson, 1996].
Tutte le sensazioni che avremo provato, le emozioni che ci avrà trasmesso nostra madre, le difficoltà e i dolori provati durante il travaglio, la stanchezza e forse la paura di non farcela, determinerà nel nostro corpo e nella nostra psiche un’impronta che accompagnerà il resto della nostra vita e caratterizzerà il nostro modo di porci di fronte agli ostacoli o il momento di effettuare delle scelte. Anche il nostro modo di relazionarci con gli altri e con noi stessi sottostarà al condizionamento del vissuto pre e perinatale il quale, rimanendo nell’inconscio, porterà a ricalcare gli schemi messi in atto nell’esperienza di nascita, oppure sfociare in sintomi fisici o fobie [W. Emerson, 1996].
L’effetto di ciò che avviene durante la vita pre e perinatale
è spesso sottovalutato e scarsamente preso in considerazione nella nostra
realtà socio-culturale dove l’attenzione è focalizzata sulla gravidanza intesa
come patologia, dove si interviene con una eccessiva medicalizzazione e
controllo che nasconde paure o condizionamenti sociali, andando ad aumentare il
ricorso ai parti operativi e portando la donna a sentirsi sfiduciata sulle
proprie capacità di partorire e di connettersi con il proprio bambino. Come
conseguenza possiamo trovare un neonato che si esprimerà con pianti
inconsolabili, potrà avere disturbi del sonno, difficoltà di nutrizione
(suzione, deglutizione) e difficoltà digestive (coliche). Spesso rifiuterà il contatto
fisico e avrà difficoltà ad entrare in relazione (bounding e attaccamento). A
lungo termine potrà sviluppare difficoltà a relazionarsi, manifestare shock
cronici (reazioni di paura o spavento), fobie di invasione o di controllo, sviluppare
una scarsa autostima con sensi di colpa, andare in contro ad abuso di sostanze,
dolori cronici e altri disturbi comportamentali ed emotivi. [D. Chamberlain
1999; W. Emerson, 1998]
Il momento dell’accoglienza del neonato racchiude
l’opportunità di affievolire il vissuto traumatico pre e perinatale se viene effettuato
con comprensione, compassione ed empatia [R. Castellino, 2000; W. Emerson, 1998].
Il contatto pelle a pelle e l’attacco al seno precoce, sono aspetti favorevoli
per sostenere la coppia madre/bambino nel processo di superamento del trauma. È
fondamentale riconoscere ed onorare il loro vissuto doloroso e rispettare il
loro tempo di ripresa. A tale scopo può essere utile rimandare le routine
assistenziali evitando di sottoporre la coppia madre/bambino ad ulteriori stress
nel rispetto della loro grande e scioccante fatica e sostenerli nella loro
capacità di guarigione.
Gli innumerevoli anni di studio di psicologia pre e perinatale
che effettuarono tra gli altri William Emerson e Ray Castellino, portarono ad individuare
strumenti efficaci in grado di sanare o perlomeno affievolire i traumi e gli
effetti da essi derivanti. Valutarono l’applicazione e l’utilità di questi
strumenti nelle diverse fasi della vita – neonati, bambini, adolescenti e
adulti. Tali studi evidenziarono come i bambini trattati precocemente, rimangono
privi degli effetti nominati in precedenza. Sviluppano maggiore capacità di
stare nel presente e quindi sono più fiduciosi. Hanno una maggiore
consapevolezza delle proprie potenzialità, scelgono più frequentemente la
cooperazione, sviluppano un modo d’apprendimento personale, ma efficace, sono
emotivamente consapevoli, empatici, non aggressivi, mutualmente comunicativi,
affidabili, capaci di legame con gli altri e in grado di distinguere
l’affidabilità negli altri [R. Castellino, 2000; W. Emerson, 2001]. Invece i
bambini non trattati, incontrando eventi simili al vissuto pre e perinatale,
hanno una grande probabilità di rinforzare l’effetto del trauma con conseguente
cronicità dei sintomi [W. Emerson 1996]. Questo processo si chiama
ricapitolazione.
Tanti sintomi e aspetti caratteriali di molte persone, sono in
realtà una ricapitolazione di traumi pre e perinatali. Possiamo individuarli nel
modo in cui queste persone guidano la macchina, escono da casa, prendono
decisioni, si relazionano con gli altri, camminano e si muovono [D. Chamberlain,
1999; W. Emerson, 1998]. Il lavoro che viene svolto con gli adulti, dovendo sciogliere
dei traumi più strutturati, necessita di tempi più lunghi. Rimane comunque efficace
nello sciogliere i condizionamenti dai traumi pre e perinatali e permette di acquisire
una maggiore sensibilità di comprendere i traumi vissuti dalla coppia
madre/bambino sviluppando una crescente potenzialità per sostenerli nei loro
bisogni.
Come si svolge il lavoro per sciogliere gli effetti dei traumi pre e
perinatali negli adulti?
Lavorando in piccoli gruppi, in
un ambiente caldo ed accogliente che tenderà a riprodurre il grembo materno, si
cerca di creare degli stimoli come ad esempio le contrazioni uterine esercitando
delle pressioni sul corpo, la dilatazione della cervice, il passaggio nel
canale del parto ed infine l’accoglienza. Questo permette al nostro inconscio di
far emergere i ricordi rimossi della nascita e prendere cosi consapevolezza del
proprio condizionamento. A volte può essere già sufficiente per il superamento
dei traumi leggeri. Spesso invece si renderà necessario intraprendere un altro
passo chiamato rischematizzazione o rinascita. La rinascita consiste
nell’esperienza di una nascita modificata. Avendo preso consapevolezza del
condizionamento, si può modificare il processo della nascita e vivere una
rinascita evitando la sofferenza. Si può così rilasciare il trauma e anche
riconoscere le risorse che abbiamo messo in atto in quel momento difficile e
trovare nuovi schemi e nuovi modi di essere più funzionali per la nostra
esistenza.
Questo lavoro esperienziale risulta utile per tutte quelle
persone la cui vita è caratterizzata da traumi riconducibili a violenze
ostetriche, ai futuri genitori per accrescere la loro consapevolezza e
sensibilità nell’accogliere fin dall’inizio nel migliore dei modi il loro
bambino, ma soprattutto questo è un valido strumento per le ostetriche per
sostenere con sensibilità in tutto il periodo pre e perinatale la coppia
madre/bambino, per accogliere ed onorare il vissuto del bambino e per poter sanare
anche i propri traumi che potrebbero interferire, risuonando, durante il
sostegno.
Ci piace pensare che le ostetriche essendo i guardiani della
porta del mondo, aiutino a migliorare l’ingresso e la vita futura di ogni nuovo
essere umano.
Per informazioni sul corso:”Nascere e Rinascere” scrivere a: prolievelina@gmail.com
Evelina Proli
Ostetrica dal 1989, ha lavorato fino al 2005 presso la ASL
Rm21. Nel 2006/2008 ha frequentato corso di counseling base presso Aspic Roma.
Lavora come informatore medico nel settore della fitoterapia in età pediatrica
e vive a Viterbo.
Fritz Baehler
Nato in Svizzera, si è trasferito nel 2000 in Italia
cambiando la sua vita da ingegnere ambientale a terapista, studiando prima la
terapia della polarità (Polarity) a Zurigo per poi laurearsi in fisioterapia
all’Università di Bologna (2008). Contemporaneamente si è formato in terapia
pre- e perinatale secondo Ray Castellino e William Emerson. Riceve neonati,
bambini e adulti nel suo studio a Montefiascone (VT).
Bibliografia:
D. Chamberlain, Obstetrics and the Prenatal Psyche. In: Journal
of Prenatal and Perinatal Psychology and Health, Volume 14,
Issue 1/2, Lancaster, 1999.
R. Castellino,
The Stress Matrix: Implications for Prenatal and Birth Therapy. In: Journal of
Prenatal and Perinatal Psychology and Health, Volume 15,
Issue 1, Lancaster, 2000.
W. Emerson, Treating Cesarean Birth Trauma During Infancy and
Childhood, In: Journal of Prenatal and Perinatal Psychology and Health, Volume 15,
Issue 3, Lancaster, 2001.
W. Emerson, Birth Trauma: The Psychological Effects of
Obstetrical Interventions, In: Journal of Prenatal and Perinatal Psychology and
Health, Volume 13,
Issue 1, Lancaster, 1998
W. Emerson, The Vulnerable Prenate, In: Journal of Prenatal
and Perinatal Psychology and Health, Volume 10, Issue
3, Lancaster, 1996
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